Alla festa Pdl sventola Forza Italia
Articolo pubblicato sul Corriere della Sera – ed. Bergamo in data 21 luglio 2013
«Vada avanti, giri prima un pò a destra e poi anche a sinistra. Vedrà che la strada, la trova». Più che indicazioni stradali, quelle dell’ anziano che pedala nelle campagne tra Ghisalba e Malpaga, sembrano (inconsapevolmente) dritte politiche filogovernative che portano (neanche poi troppo diritti), più che a Palazzo Chigi, alla sesta Festa Azzurra del Popolo della Libertà: svoltare a sinistra e poi tenere la destra, mantenersi al centro ed ecco profilarsi all’ orizzonte una grande giostra luminosa. È qui la festa? Diciamo, non proprio qui dove c’ è il calcinculo, ma appena più in là. L’ orchestra di liscio La Vela bianca al momento ha le vele e le chitarre ammainate, e in lontananza arrivano le note dell’ inno di Mameli, tutti in piedi ad accompagnare con una certa enfasi l’ ultimo, arrembante «l’ Italia chiamòòòò, sì!». Basta però incamminarsi verso la struttura coperta, il quartiere mangereccio, chiamiamolo così, per rendersi conto che più che l’ Italia, a chiamare i circa trecento presenti, è Forza Italia. Le bandiere della vecchia formazione politica soppiantano quelle del Popolo della Libertà dieci a uno. Il gabbiotto dove si spilla la birra è addirittura un tripudio dei vecchi vessilli che, scartata l’ ipotesi di un riciclo di fondi di magazzino, indicano una nostalgia canaglia per un tempo glorioso che già fu. Esattamente quello di GianAntonio Arnoldi e Gianfranco Baraldi che serbano reduci da guerre politiche dimenticate, seduti tra il non numeroso (una settantina circa) ma comunque attento pubblico che sta per assistere al dibattito. Sul palco, nel ruolo di presentatore-conduttore, il neo consigliere regionale Alessandro Sorte affiancato al neo senatore Enrico Piccinelli e a Gregorio Fontana, con la guest star di serata. Star di nome e di fatto, Mariastella Gelmini era sbarcata poco prima concedendosi con grande carineria, un tour tra la brigata di cucina, dove le simpatiche sciure , agli ordini del cuoco Andrea, avevano ricambiato i larghi sorrisi dell’ ex ministra, con un prego si accomodi. Invito ricambiato con il sano pragmatismo della nuova politica: ma quale casta d’ Egitto, se serve una mano sono pronta ed eccola al barbecue intenta a rosolare gli spiedini. Il decreto del fare (da mangiare), questa sera porta la sua firma. Sul palco il dibattito si infervora, tra il rimpianto di Fontana («ci ha diviso dalla vittoria lo 0,37%»), le osservazioni di Piccinelli («otto milioni di italiani hanno votato per i grillini, ma la protesta non porta nessuna proposta») e il grido di battaglia di Gelmini, riassumibile in uno slogan: «Silvio sei sempre tu il nostro capitano, e andiamo avanti, dobbiamo tornare ad essere po-po-la-ri!». Applausi. «A proposito, voglio ringraziare tutti quelli che si sono dati da fare per questa festa. Le signore in cucina, Emma che ha il nome della mia bambina e gli uomini che fanno i salamini». Dalle cucine, dove lo chef è in piena battaglia tra cosce di pollo e altre prelibatezze a prezzi modici, parte un controapplauso. Tutti felici, mangiati e contenti. Anche quelli che alla festa del Pdl ci sono finiti per caso e che fanno numero. Perché in Italia, le feste di partito in piena estate, sono un retaggio del Medioevo, dove tutto, politica, governo e dominio si sintetizzava così Franza o Spagna, purché se magna.