FONTANA: LO STESSO SCENARIO DELLE MISSIONI IN AFGHANISTAN E IRAQ
E’ stato probabilmente un classico esempio di eterogenesi dei fini, ma le conclusioni della conferenza internazionale di Roma, fortemente voluta dal governo Prodi, hanno confermato le linee di fondo della politica estera impostata dall’Italia sotto la guida del governo di Silvio Berlusconi.
Il fatto che la Conferenza non si sia conclusa con la richiesta di un cessate il fuoco immediato – come aveva auspicato prima che iniziassero i lavori Romano Prodi e come hanno chiesto senza successo i francesi – non equivale certamente a un via libera a un uso sproporzionato della forza da parte di Israele, ma sicuramente significa che la comunità internazionale non ha potuto censurare – come anche alcuni esponenti della nostra maggioranza avrebbero voluto – lo stato di Israele che sta lottando contro quanti continuano a mettere in discussione il diritto che ha, e che è un dovere di tutti noi garantire, di vivere in pace e in sicurezza.
L’annuncio – da condividere e sottoscrivere – che la Comunità internazionale deve impegnarsi a creare le condizioni di una tregua e di un cessate il fuoco duraturo sulla base del rispetto della risoluzione 1559 dell’Onu ha poi un risvolto che richiama in modo indiretto ma chiaro e inequivoco le scelte di fondo di politica internazionale fatte dal centrodestra nella passata legislatura. Un richiamo che diventa esplicito quando nelle conclusioni della Conferenza si fa riferimento alla necessità di inviare nel Libano del sud una forza di interposizione multinazionale su mandato Onu (lo stesso che hanno le forze italiane e internazionali che operano in Afghanistan e in Iraq) al posto di quella che già c’è, composta dai caschi blù delle Nazioni Unite. Caschi blù che non sono riusciti a neutralizzare la violenza degli Hezbollah che hanno tenuto alta la tensione fino a provocare la rottura dei precari equilibri di quell’area. Del resto, delle tante missioni dei caschi blù si ricordano soprattutto quelle fallite mentre è arduo riscontarne alcune che abbiano avuto un esito positivo.
Non si può che condividere, dunque, la disponibilità di Israele a fare un passo indietro se al posto della missione Unifl scenderà in campo una forza di interposizione militare con la possibilità reale di impedire che gli Hezbollah continuino ad essere una minaccia per la sicurezza e l’integrità dello Stato d’Israele e per la pace nel Medio Oriente.
Vedremo se il governo italiano riuscirà a mantenere ferma la linea che ha contribuito a far emergere nella Conferenza e che ha condiviso soprattutto con Condoleeza Rice; e se la maggioranza reggerà l’impatto di una scelta che comporterebbe obblighi se possibili più onerosi di quelli che ci siamo assunti in Afghanistan e in Iraq. Sino a questo momento, troppe anime belle del centrosinistra si sono fatte scudo di retorici richiami all’Onu per motivare la loro opposizione a qualsiasi iniziativa fosse volta a ripristinare equilibri di pace nella regione mediorientale che partano dall’unico presupposto accettabile: garantire la sicurezza di Israele, tutelare i diritti dei palestinesi, contrastare con intransigenza il fondamentalismo e il terrorismo che mette in discussione l’una e gli altri e anche la sicurezza dell’Occidente.
E’ il momento di scegliere e di decidere. Come per l’Afghanistan.
Come per l’Iraq.
E’ il momento della continuità e della responsabilità.