Dall’inviato
Herat
Gregorio Fontana, deputato bergamasco del Pdl e membro della commissione Difesa, parla per competenza. È la quarta volta che torna in Afghanistan e si vede che è di casa: conosce tutti gli angoli di Camp Arena e gli ufficiali che in questi anni sono andati e rientrati in questo tribolato Paese. Stavolta Fontana è tornato al seguito di una delegazione parlamentare guidata dal vice presidente della Camera, Maurizio Lupi, e accompagnata da un veterano qual è il generale di Corpo d’armata Marco Bertolini, che guida il Comando operativo interforze.
Fontana osserva i cambiamenti graduali ma continui, e speriamo irreversibili: «La missione italiana ha contribuito in modo decisivo a organizzare la statualità del Paese: dal corpo legislativo e dalle infrastrutture alla ricostruzione di un tessuto civile ed educativo. Certo, c’è ancora molto da fare: le istituzioni restano deboli, permane il problema della sicurezza, ma passi avanti sono stati compiuti».
Il deputato rinvia ai motivi che hanno portato alla guerra in Afghanistan: «Non dimentichiamo l’azione decisiva di contrasto al terrorismo internazionale, che era pronto a dilagare anche in Italia: questa era la posta in gioco». Lo sguardo va poi alla professionalità tecnologica dei nostri militari: «Questa è l’Italia migliore, che tutti ci ammirano: senso dello Stato, straordinaria professionalità, tecnologia ai massimi livelli. Altro che talune, e per fortuna superate, caricature d’altri tempi. Lei ha visto, nell’hangar degli elicotteri, la maestria degli elicotteristi di stanza a Orio al Serio: smontano il mezzo pezzo per pezzo, poi lo riparano, lo rimettono in sesto e tutta questa perizia evita costi e tempi per rimandare in Italia gli elicotteri da riparare».
Oggi, osserva ancora il parlamentare bergamasco, «siamo alla fase decisiva, cioè alla transizione per consentire alle autorità afghane di avere l’autosufficienza del controllo istituzionale, dell’economia e del territorio». C’è un punto debole, che però non riguarda la coalizione ma le politiche dell’Onu: l’insufficiente guerra all’oppio. «Dal 2010 al 2011 – conclude Fontana – c’è stato un incremento del 61% della produzione. Tenga presente che coltivazione e commercializzazione dell’oppio costituiscono il 15% del Pil del Paese e l’Afghanistan produce il 90% del mercato mondiale. Qui il fallimento è evidente: non aggiunge criminalità all’Afghanistan, ma la esporta da noi»
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