Intervista on. Fontana da “Eco di Bergamo”: «Presenza necessaria per la ricostruzione»
«La divisione del centrosinistra sulla missione in Iraq è incomprensibile e la posizione che ha assunto è di retroguardia». Gregorio Fontana, parlamentare di Forza Italia eletto nel Collegio di Dalmine, non ha dubbi sulla necessità di continuare a mantenere in Iraq il contingente italiano e non riesce a spiegarsi il perché il centrosinistra non sia riuscito a trovare una posizione unitaria e soprattutto «di responsabilità».
Il voto al Senato sulla missione in Iraq e soprattutto la decisione di non stralciarla dal decreto che proroga i finanziamenti a tutti i contingenti impegnati nel mondo ha scatenato una forte polemica politica.
«Le missioni militari italiane sono tutte mirate alla pace e alla ricostruzione. Ed è questa la cosa più importante di cui bisogna tener conto: gli iracheni, come altri popoli che i nostri soldati aiutano, hanno bisogno del forte sostegno dell’Italia. E di fronte a questa esigenza non riesco a capire la spaccatura all’interno del centrosinistra che avrebbe dovuto votare compatta a favore. Invece, fino all’ultimo momento in Senato non si capiva chi dell’opposizione avrebbe votato a favore, chi si sarebbe astenuto e chi avrebbe abbandonato i lavori. Noi abbiamo assistito perplessi a questo dibattito».
Un dibattito interno comunque legittimo.
«Questo non lo metto in dubbio: in una forza politica si possono verificare queste situazioni, ma io sono del parere che una sinistra matura deve assumersi le proprie responsabilità, come del resto hanno fatto anche alcuni Paesi guidati da governi di sinistra che hanno appoggiato la ricostruzione in Iraq. A livello europeo possiamo citare diversi esempi e sottolineare anche il cambiamento di rotta di Francia e Germania, inizialmente contrarie a qualsiasi coinvolgimento. In questo contesto quella della sinistra italiana è una posizione di retroguardia».
I rischi in Iraq, comunque, continuano ad essere forti. I tempi per garantire la sicurezza si annunciano davvero lunghi e questo a discapito della ricostruzione.
«I rischi ci sono e anche per i militari italiani. Non vengono però dagli iracheni che circondano i nostri ragazzi, ma dal terrorismo islamico che fa leva su kamikaze libanesi o yemeniti. Certamente uno dei presupposti per la ricostruzione è garantire la sicurezza e in questo senso noi spingiamo verso una responsabilizzazione dell’Onu. Ci sono forti interrogativi rispetto ai tempi, ma sarebbe assurdo bruciarli e lasciare che l’Iraq si trasformi in una Somalia».
Rosario Caiazzo