La visita del presidente Napolitano ha un significato politico, nel senso più alto e nobile del termine, che non può essere sottovalutato: il presidente sa che Bergamo ha fatto molto per la nostra nazione. Nel gennaio del 1960, il presidente Gronchi riconobbe a Bergamo il diritto di definirsi la Città dei Mille: centinaia di giovani bergamaschi, che avevano già conosciuto Garibaldi nel 1848, lasciarono le loro terre e si arruolarono nelle truppe garibaldine per l’unificazione del Paese. Furono d’esempio agli altri giovani bergamaschi che, nei decenni successivi, hanno servito il Tricolore nelle tragedie belliche del nostro Paese, nella Resistenza e, con la Repubblica, nelle missioni di pace, contribuendo a onorare i valori, liberali e cristiani, della Carta costituzionale. Tutto ciò non può e non deve cadere nell’oblio.
Ma, nel porgere il nostro rispettoso e cordiale saluto a Napolitano, non possiamo tacere dei nodi che ancora vanno sciolti. Il presidente sa bene che la scelta centralistica, operata all’indomani dell’Unificazione, non era certamente nelle corde di molti autorevoli esponenti della cultura risorgimentale. Con la Repubblica, l’eredità centralistica, ulteriormente irrigiditasi nel ventennio fascista, fu in qualche modo rielaborata e attenuata, ma non superata. Ci sono voluti anni per avere le Regioni e diversi decenni per cominciare il cammino verso il federalismo. C’è voluta la determinazione della gente del Nord perché la «questione settentrionale» cominciasse ad affacciarsi nella classe politica e intellettuale del nostro Paese. Il cammino da fare è ancora lungo. La storia dei bergamaschi è fatta di senso di responsabilità: non sono in discussione né la solidarietà né la difesa dell’interesse nazionale, semmai l’uso della serietà e generosità della popolazione di questa parte del Paese. Da questo punto di vista, l’Italia è stata, per anni, la Patria del «rovescio» più che quella del diritto: il Nord ha fatto crescere il Pil ed è stato penalizzato, il Sud ha dilapidato le risorse nazionali ed è stato premiato. Anche se paradossalmente, proprio la gente del Sud ha finito per essere la vittima di questo sistema. Ora le cose devono cambiare in maniera rapida e definitiva. Se il cammino verso il federalismo non proseguirà in maniera convinta, il disagio crescerà a dismisura e l’allontanamento della gente del Nord dalle istituzioni e dalla cosiddetta «politica romana» diventerà una vera e propria patologia, che non potrà che arrecare danno a tutto il tessuto sociale ed economico del Paese. Il presidente non può certo essere gravato del compito di realizzare le riforme, ma il suo potere di «moral suasion» è grande e cresce ogni giorno di più. Da bergamasco e da italiano lo saluto, con la speranza che userà la sua autorevolezza per difendere la dignità e i diritti dei cittadini del Nord, che tanto hanno fatto e fanno per l’Italia.
On. Gregorio Fontana membro Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati.
|